venerdì 19 marzo 2010

Come diventare buoni

Come diventare buoni è sicuramente un libro che istiga alla cattiveria. E io posso dirlo, poiché di cattiveria me ne intendo.
Racconta la storia di una donna sposata e con figli a carico che, solo per il fatto di essere un medico, crede di essere buona e tormenta i lettori per tutto il romanzo co’ ‘sta storia.
Il marito è uno pseudo scrittore che tiene una rubrica, L’uomo più arrabbiato di Holloway, sul giornale locale, una polemica contro la società, anche verso gli individui più deboli, per esempio i vecchi che, dice, dovrebbero sedersi nel posto riservato a loro sull’autobus, preparare le monete in anticipo per pagare il biglietto, non alzarsi venti minuti prima della loro fermata. Tenta, inoltre, di scrivere un libro, Green keepers, una “satira sulla cultura sentimental-lacrimosa del dopo Diana”. Mi sembra un uomo abbastanza interessante fin qui.
Dopo il tradimento di lei, però, lui si fa curare un mal di schiena da una sorta di santone, BuoneNuove, che, miracolo dei miracoli, non solo gli toglie il mal di schiena con la sola imposizione delle mani, ma gli toglie pure la cattiveria! Così diventa una specie di Madre Teresa di Calcutta: prende in casa il santone, regala i giochi dei figli ai bambini poveri, indice una riunione di quartiere al fine di convincere i suoi vicini a ospitare dei senzatetto… in pratica diventa più melenso della melassa del ghiro di Alice nel paese delle meraviglie, più stucchevole di una torta con panna immersa nel caramello e ricoperta di zuccherini colorati… tutto sommato: uno sfigato irritante.
Più di questo non so dire, perché, onestamente, non ho ben capito dove l’autore volesse andare a parare.
Avrebbe dovuto intitolarsi Come non diventare cattivi. Ma col punto interrogativo alla fine della frase e sottintendendo: dopo averlo letto, perché, dopo averlo fatto, è il lettore che diventa l’uomo più arrabbiato di tutti.
Morale della favola: essere buoni ti porterà pure un posto in Paradiso, ma ti rende estremamente noioso.

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