giovedì 18 marzo 2010

La casa delle donne

A casa mia siamo tutte donne: io, mia sorella, mia madre, mia zia e, come se non bastasse casa nostra, al piano di sotto c’è pure mia nonna. Siamo talmente abituate, in famiglia, a essere tutte donne che, anche quando abbiamo adottato il nostro nuovo gatto, lo abbiamo scambiato per una di noi, tanto che il poveretto porta ancora i segni di quello sfortunato errore: si chiama Birba, come la gatta di Gargamella.
Effettivamente un uomo, unico e solo in questo mare di femminilità, c’è ed è mio padre. Prima c’era anche mio nonno, che però è morto, sordo, secondo me perché, come nei migliori esempi di adattamento della specie, aveva sviluppato questa capacità per non ascoltare mia nonna.
Naturalmente mio padre non è ancora arrivato allo sfinimento, ma sta gradualmente cedendo, tanto più che a casa nostra siamo tutte affette da, come si direbbe in provenzale antico, “rompicoglionesimo”. In realtà l’unica che non lo manifesta nel senso corrente del termine è mia sorella, la sua figlia preferita, che però lo esplica in altri modi: papà l’accompagna ovunque, è come la sua ombra. Addirittura la porta agli esami e le fa i pezzi dei plastici (come tutte noi altre, del resto). Mia sorella non è come il resto di noi mortali: lei non ha mai (o quasi mai) preso il treno o l’autobus. D’altra parte ha il suo chauffeur personale.
Neanche io sono da meno, infatti l’ultima volta papà mi ha detto, cito testualmente, «Figlia mia, sei proprio una iattura!».
Anche mia zia ci mette del suo, per non parlare di mia nonna, che, dietro le mentite spoglie di due povere e cieche vecchiette, lo assillano più che mai.
Ma la vera rompicoglioni d’oro è mia madre che lo porta davvero all’esasperazione.
Questo risentimento celato nei nostri confronti si manifesta in molteplici forme e mio padre, da pacato e serio professionista, si trasforma nei più svariati personaggi a seconda delle situazioni, una specie di Dottor Jekyll e Mister Hide.
Alla guida diventa posseduto, sembra quasi irriconoscibile, insulta praticamente chiunque, in un idioma non ben identificato non dissimile dal montopolese romanizzato… be’, no, forse solo romano, perché il montopolese lo parla quasi esclusivamente in presenza soltanto dei suoi fratelli… d’altra parte, qualsiasi altro appartenente alla razza umana non lo capirebbe.
E poi gli piacciono gli sport estremi, non si accontenta, per esempio, da bravo sessantenne, di una bella camminata in campagna… eh, no, il pericolo è il suo mestiere. Quando va in vacanza, rigorosamente in montagna perché rifugge il caldo e il mare, il suo sport preferito è il lancio col paracadute.
Inoltre ha l’hobby della caccia. Per anni ha ingannato me e mia sorella dicendoci che “sparava solo agli uccellini vecchi e malati”. Adesso, dopo essere stato calorosamente incoraggiato da noi tutte, non ha rinnovato il porto d’armi e meno male, altrimenti in Italia ci sarebbe stato un caso in più di omicidio familiare di massa.
Un’altra sua malsana passione, manifestazione chiara del suo stress, è la capacità praticamente infinita di accumulare cd e dvd, soprattutto di Totò, che lui dice che vedrà quando andrà in pensione. Nel frattempo, nonostante abbia ormai raggiunto l’età, in pensione non ci va perché sa benissimo che facendolo sarebbe costretto a subire i ricatti della famiglia al completo.
Si rifugia nella cultura perché sa che lì noi non potremo mai intervenire, come anche nello sport che guarda tristemente da solo, dato che noi sappiamo a malapena che cos’è il calcio.
Chiaramente una presenza maschile manca a fargli compagnia. Sarà per questo che da quando siamo piccole a me e a mia sorella propone sempre “un bel taglio alla maschietta”?

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