giovedì 27 gennaio 2011

Quando affancularti gli occhi

Mentre ieri tornavo dalla mensa – che, con la sua pasta coi broccoli, mi ha amaramente “ricordato che non siamo in Matrix” – pensavo. E be’, pensavo, dovrei scrivere qualcosa sul blog. Solo che mi sono ricordata che, non so dove, ho letto che “Un bevitore d’acqua non scrive mai nulla di bello”. E io invece sono – purtroppo – una che la bibita più simile a qualcosa di alcolico che beve è la Coca Cola, che, comunque, mi fa lacrimare gli occhi. Che la cosa più temeraria che ho fatto è stata tagliarmi la frangetta (un drammatico errore). Che se mangio il gelato di corsa mi viene mal di testa. Poi ho pensato che, però, puoi scrivere pure una cosa semplice. Basta che la scrivi bene. In realtà quello che c’avevo in mente era qualcosa di ben preciso: pensavo a un post, questo, di uno dei miei blog preferiti che leggevo qualche giorno fa. Che dice:

E quindi la prima consapevolezza del 2011 e’ la seguente: sono italiano, quindi le italiane sono inevitabilmente le piu’ belle. Ci metto dentro tutte, anche le culone che pensano “Io No di sicuro”. Tutte.
Sono gli occhi a fare la differenza. Perche’ in fondo e’ giusto che siano gli stessi occhi (o lo stesso tipo di occhi) delle bambine che ti circondavano sui banchi delle elementari. Gli occhi che ti erano attorno mentre crescevi.

E be’, insomma, fosse stato un complimento esplicito non avrebbe saputo essere più poetico.
Fosse vero, pensavo, potrei trasferirmi in uno dei tanti Paesi civili, che, com’è noto, hanno un clima dove i surgelati non hanno bisogno di congelatore. Fosse vero, potrei finalmente andare in giro col pile peloso che non ho mai osato indossare e nessuno ci baderebbe, perché guarderebbero solo i miei occhi. Basterebbe solo trovare un posto con tanti italiani.
Per la cronaca, il post dice anche:

Poi certo le italiane sono in assoluto le piu’ rompicoglioni del pianeta. Pero’, di nuovo: e’ un rompicoglionimento che conosciamo bene. Sappiamo come funziona, sappiamo quando intervenire e quando invece affanculare.

Ma questa è un’altra storia.

sabato 22 gennaio 2011

È davvero tutto il mondo che va a puttane?

Il problema è che imparo ciò che tu mi insegni. Se mi insegni, fin da piccola, che devo portare un burqa per nascondere i capelli, preservando la mia purezza per un uomo che mi picchierà, e che sarà legittimato a farlo, rimarrò casta per l’uomo che mi picchierà. Se mi insegni che devo morire per la mia religione, perché quando sarò morto avrò uno stuolo di vergini pronte a compiacermi in paradiso, morirò credendo di aver combattuto per la cosa giusta. Se mi insegni che posso arrivare dove voglio, come voglio e quando voglio in cambio di favori, distribuirò i miei favori. Se mi insegni solo a sculettare, perché mi fai credere che il culo sia l’unica parte di me degna di essere mostrata, mostrerò solo il culo. È questo il problema. Non è che un vecchio, tra le propria mura domestiche, paghi donne disinibite per prestazioni sessuali. Quello a me non interessa. Neanche se è il Presidente del Consiglio. Il problema è che tu dovresti essere un modello. E, come tale, devi essere migliore di me. Devi insegnarmi ad amare parole, non cose. Nemmeno se quelle cose sono di Vuitton. Devi insegnarmi ad amare la poesia, perché siamo un “popolo di poeti”. Devi insegnarmi ad amare la cultura, perché è di quella che posso, se voglio, campare. Devi insegnarmi a pensare con la mia testa, perché è questo che intendiamo da quando diciamo che “oltre le gambe c’è di più”. Perché ci sono altre donne. Che se sentono l’intervista di una che dice che qualcuno le ha dato 1000 euro per fare shopping in cambio di qualcosa che vale di più di un occhio della testa – ma che proprio occhio non è – s’incazzano. Perché, loro, per guadagnarsi 1000 euro ci mettono un mese.

martedì 18 gennaio 2011

A Cinderellissima story

A tutti quelli che stanno leggendo il mio blog per la prima volta: per favore, datemi un’altra possibilità. Oggi sto male. E, forte di questa condizione sofferente, spero che tutto quello che dirò non verrà usato contro di me.
Come sempre quando sto male, passo giornate intere inebetita davanti allo schermo a vedere serie televisive che neanche la più ottusa delle adolescenti, così che possano venirmi occhiaie castane, ché il tono su tono coi miei capelli ci sta bene.
Be’, insomma, ne sto guardando una di quelle in cui il più povero c’ha aragoste e astici nell’acquario di Louis Vuitton. Quelle in cui ti confondi tra la madre e la figlia. Fondamentalmente perché c’hanno la stessa età, madre e figlia, che è poi la tua, sebbene abbiano la pretesa d’essere diciassettenni. Che poi mica lo so perché li guardo, ‘sti telefilm: tutto il tempo a comprarsi borse e vestiti, arrivano alla boutique con la limousine, parlano di smalti, vanno col ragazzo della migliore amica, litigano a morte e naturalmente dieci minuti dopo sono diventate di nuovo sorelle di sangue. In vacanza solo a Parigi dove chi è che non incontra il principe di Monaco che le invita ad un incontro galante? E chi è che non indossa una scarpa Vivier che gli regala come ricordo? Cenerentola no di certo perché la sua di cristallo costava meno. Ma soprattutto, perché indossano Prada tacco 12 quando stanno a casa con la febbre?! Oh, ma dico, mica dovete aprire al postino caruccio! (Questa è un’altra storia, che prima o poi vi spiegherò).
Guardo loro. Poi mi guardo e vedo solo la vestaglia rosa di Hello Kitty.

lunedì 17 gennaio 2011

Mi è semblato di vedele un romulano


Nonostante molti abbiano potuto credere che difficilmente potesse esistere un personaggio come Sheldon Cooper, il fisico teorico super-secchione e super-nerd di The Big Bang theory, ebbene quelle persone dovrebbero essere informate che l’organismo umano (non geneticamente modificato) più simile a lui sono io, a meno dei due PhD e solo negli aspetti più fastidiosi (fortunella). E questo per una serie di validi motivi, che vi elenco di seguito, corredati, come nella migliore tradizione scientifica, di riferimenti bibliografici. In ordine. Non saprei concepire altro modo.
  1. Mi servirebbe il cartello “sarcasmo” ogni volta che qualcuno lo usa [1x02].
  2. Tendo a considerare un “vortice mutevole di entropia” un posto disordinato. Infatti, ho la mania di ordinare, organizzare, catalogare ed etichettare il mondo che mi circonda [1x02].
  3. Penso spesso che la gravità sia una “puttana senza cuore”, per ovvi motivi [1x02].
  4. Adoro mascherarmi [1x06].
  5. Se avessi un piega-maglietta lo userei [2x01].
  6. Sono consapevole che non siamo in Matrix per via del cibo della mensa [2x02].
  7. Gli aspetti più significativi della mia vita sono il mio sonno e il mio lavoro [2x03].
  8. Adotterò la tecnica dei tre strike (“una metafora sportiva”) per allontanare dalla cerchia delle mie amicizie chiunque osi mandarmi e-mail umoristiche, specialmente catene [2x07]. Per la precisione, volevo aggiungere che Sheldon è anche troppo tenero, poiché, nel mio caso, ho già depennato tutti quelli che mi hanno inviato Farmville.
  9. Ritengo che le scienze sociali siano in gran parte delle sciocchezze [2x13].
  10. Non bevo caffè [2x17].
  11. Tendo ad ottimizzare qualunque processo [2x17].
  12. Ho una conoscenza basilare delle cose importanti dell’universo. E, tanto per la cronaca, so chi sono i Radiohead [2x17].
  13. I cambiamenti mi spaventano [2x19].
  14. Spesso non so come funziona il protocollo sociale [2x19].
  15. Prediligo i luoghi chiusi [2x23].
  16. Non sono a mio agio col freddo [2x23].
  17. Possiedo un udito vulcaniano [3x01].
  18. Ritengo che l’unico modo comprensibile per simulare uno smile di “due punti-d maiuscola” sia ruotare la testa di 90° [3x01].
  19. Sono odiosa e insopportabile [3x03].
  20. Difficilmente ammetto di non avere ragione [3x04].
  21. Non dormo se vedo un film dell’orrore [4x07].
  22. Sono completamente astemia [4x07].
  23. Vorrei chiedere molto più spesso di quanto già non faccia: «Puoi essere più specifico?» (vabbe’, questa era della madre nevrotica di Leonard, ma mi sembrava significativa).

L’unica cosa sulla quale dissento riguarda gli ingegneri: non è vero che sono “Umpa Lumpa della scienza”....................................................................................BAZINGA!!!

mercoledì 12 gennaio 2011

La Casa Verde

Quella che potrebbe sembrare, di primo acchito, una confusione narrativa, è in realtà uno splendido romanzo. L’ultimo di Vargas Llosa, premio Nobel per la letteratura dell’anno appena passato, che ho letto.
Anche se non credo che la trama sia la parte fondamentale di un libro (anche se per alcuni – e nel senso di persone e in quello di libri – forse lo è), non vi svelerò quella della Casa Verde perché credo che il piacere della lettura consista in parte, ma in questo caso specialmente, nello scoprirla per godere appieno della bellezza del racconto.
La vicenda è ambientata in Perù, patria amata e, al tempo stesso, odiata dell’autore, ma in luoghi e tempi diversi che procedono spesso parallelamente, spesso invece consecutivamente per poi arrivare ad incontrarsi. Due località: Piura, al nord del paese, quasi al confine con l’Ecuador, e Santa María de Nieva, nel cuore dell’Amazzonia. Luoghi lontanissimi. E, forse anche un po’ per questo, affascinanti. L’elemento che li lega è la Casa Verde, la casa della perdizione per un verso, dello svago (a volte proibito) dall’altro.
Tempo e spazio sono continuamente dilatati e poi di nuovo ristretti. Un singhiozzo. E una nuova forma di linguaggio: un flusso di coscienza, diverso da quello di Faulkner e da quello di Joyce, misto a una narrazione più lineare.
Ma La Casa Verde non è solo questo. È anche una meravigliosa storia di coercizione a una civilizzazione non anelata, pretesa da chi, allo scopo di inseguire un fine ultimo più alto, crede di fare del bene.
Bellissimo.

venerdì 7 gennaio 2011

A letto col vampiro?

«Magari!», esclamerebbe chiunque abbia buttato un occhio sui protagonisti di The vampire diaries. Non io, naturalmente. Io non lo direi mai! Infatti, non scriverei mai un post da quindicenne su una serie televisiva che parla di vampiri e vampire, che vanno taaaaaaaaaaaaanto di moda! No, no, io proprio no! È che non sono stata minimamente ammaliata dalle atmosfere cupe, dagli intrighi, dagli scontri, ma soprattutto dai due interpreti principali, i fratelli vampiri belli belli belli in modo assurdo.
Una serie del genere non sarebbe credibile: seducenti vampiri perennemente in giacca di pelle, avvenenti vampire talmente emaciate da credere che sia plausibile che si nutrano di solo sangue. Senza dubbio una serie da femmina, tanto per tornare all’annosa questione dei telefilm da femmina e da maschio (“di baciare” o “di menare”, per capirci). Ma no, dai, nessuna di noi subirebbe il fascino di un bel tenebroso che manterrà il suo aspetto eternamente uguale (e con esso il suo lato B), non invecchierà mai e – presumo – si sveglierà per sempre con l’alito che profuma di mughetto. Nessuna. Infatti vi consiglio di non guardarlo, eh.
 
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