venerdì 19 marzo 2010

Il Signore delle Equazioni - Prologo

1. A proposito degli Ingegneri
Questo racconto riguarda principalmente gli Ingegneri e, dalle sue pagine, il lettore imparerà molto sul loro carattere e un po’ della loro storia; ulteriori informazioni potranno trovarsi nel Libro del limite inferiore, già pubblicato col titolo di L’Ingegnere Ingegnoso.
Molti, comunque, desidererebbero saperne di più su questo popolo primordiale, e per questi lettori sono stati qui annotati i punti essenziali della tradizione degli Ingegneri e riassunte le loro prime vicende.

Il popolo degli Ingegneri è discreto e immodesto, di antica origine, più numeroso oggi che nel passato, per via delle lauree brevi che sono più facili. Dotati di capacità intellettive superiori alla media e fisiche inferiori a quelle di qualunque bradipo terrestre, gli Ingegneri costituiscono una minoranza che, dai tempi dei tempi, è stata costretta a subire le più atroci angherie.
Anche in passato erano estremamente schivi; ora poi, evitano addirittura con disprezzo la “Gente Che Non Conosce La Matematica” ed è diventato difficilissimo trovarli.
Per quanto riguarda gli Ingegneri della Accountea, di cui tratta questo racconto, essi erano un popolo onesto e studioso; conoscevano perfettamente il calcolo vettoriale (ma non si ricordavano mai come fare una divisione a mente), consideravano qualsiasi altro corso di laurea non scientifico troppo facile e ridevano alle barzellette sui Matematici. Possedevano un quoziente intellettivo maggiore del loro peso e conoscevano le seconde funzioni delle loro calcolatrici. Erano convinti di poter costruire qualunque cosa, infatti mangiavano gli ovetti Kinder solo per montare la sorpresa. Amavano i Lego, che progettavano con un pacchetto CAD.
Le loro abitudini riguardavano essenzialmente lo stare in luoghi chiusi, possibilmente dotati di calcolatori elettronici, guardando film di fantascienza per trovare le imprecisioni tecniche.
Più che belli, generalmente erano simpatici e avevano spesso una protuberanza sulla schiena che gli altri popoli usavano chiamare “gobba”, ma che per loro era sinonimo di ore e ore passate a studiare, quindi di bellezza. Non avevano preferenze sui colori e si vestivano in maniera casuale o, come direbbero loro, aleatoria.
La parentela che unisce gli Informatici agli Ingegneri, malgrado la loro recente ostilità, è più che evidente e molto più stretta che non quella che li unisce ai Matematici o persino ai Fisici. In tempi lontani parlavano il linguaggio binario degli Informatici, a modo loro, ed avevano le stesse preferenze e le stesse antipatie. Quale sia però l’esatta parentela, ormai nessuno lo può dire: gli albori della civiltà degli Ingegneri sono persi nei Tempi Remoti caduti nell’oblio; solamente i Matematici conservano ancora ricordi di quel tempo che fu, ma sono solo ricordi della loro propria storia, ove gli Informatici hanno poco posto e gli Ingegneri niente del tutto. Eppure è un fatto che gli Ingegneri siano vissuti tranquilli e pacifici nella Terra di Un Mezzo per anni e anni prima che gli altri popoli si accorgessero della loro presenza; e, dato che il mondo è pieno zeppo di strane creature, questi esseri che si credevano superiori sembravano ben poco importanti.

2. A proposito della scoperta dell’Equazione
Il Libro del limite racconta che un giorno si presentò alla porta di Ivren il grande Hacker, Stallman il grigio, accompagnato da tredici Fisici, tra i quali nientemeno che Thorri Tubodimercurio. Benché sbalordito e incredulo, Ivren partì con loro alla ricerca del tesoro appartenuto al re dei Fisici. La spedizione fu coronata da un brillante successo, tuttavia il gruppo fu assalito dagli Statistici, un popolo disprezzato da tutto il mondo scientifico, un popolo immondo che aveva come scopo quello di sintetizzare i dati attraverso i suoi strumenti grafici (diagrammi a barre, a torta, istogrammi…) e i suoi indici (media, varianza…).
Durante la lotta, Ivren si smarrì nel loro immenso spazio campionario reale continuo. Era un locale grandissimo, completamente interrato, pieno di lavagne tempestate di formule. Ivren, però, la riconobbe subito: era lei, l’Equazione. Se ne impossessò e la cancellò dalla lavagna.
Cercando una via d’uscita, Ivren giunse nel luogo in cui viveva Itgum. Era un piccolo essere ripugnante che un tempo era appartenuto al popolo degli Ingegneri, spacciandosi per uno di loro; poi, però, si era scoperto che non era riuscito ad arrivare all’Università perché si era fermato all’Istituto Tecnico per Geometri: fu un’onta per il popolo, che lo scacciò in malo modo.
Egli possedeva un tesoro segreto: un’equazione capace di fare il calcolo strutturale di qualunque edificio.
Itgum, che non si era ancora reso conto di non avere l’Equazione, sfidò Ivren al gioco degli enigmi, ma quest’ultimo, scaltro come solo un Ingegnere sa essere, approfittando dell’inferiorità intellettiva del Geometra chiese: «Quanti ferri ci vogliono per armare un pilastro?». La risposta era semplice ma Itgum, incapace di fare qualunque conto senza la sua Equazione, non seppe rispondere e Ivren vinse.
Fu così che gli Ingegneri ebbero l’Equazione ed è qui che incomincia la nostra storia.

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