mercoledì 19 dicembre 2012

Letterina di Natale 2012


Caro Babbo Natale,
innanzi tutto vorrei fare gli auguri. Quindi, bando alle ciance e

tantissimi auguri a Kate che, se qualcuno non l’avesse capito, è incinta
tantissimi auguri alle FS che, più di qualunque algoritmo statistico, ci ricordano quanto sia casuale l’orario dei treni
tantissimi auguri a Alemanno che a marzo ha detto che il biglietto dei mezzi pubblici a Roma non sarebbe aumentato e invece col cazzo (nonostante la metro non sia ancora riuscita a raggiungere, in chilometri, le due cifre come nelle altre capitali)
tantissimi auguri a tutti gli uomini del mondo perché, dal culo di Pippa alla farfallina di Belen, ci ricordano com’è facile – sempre – abbindolarli con così poco

Poi. Ecco la lista dei regali di quest’anno:

un contratto da precario a Monti, ché a lui piace divertirsi
un antidepressivo alla Fornero, nella speranza che smetta de piagne
un lavoro a Banderas, purché non contempli Rosita
un Nobel per la pace a Obama, ché quello precedente non ha funzionato
un profilo Facebook al papa, in cui potrà disabilitare i commenti
una targa non abbandonare la nave a Schettino, per arredare la cella
una maschera da maiale alla Polverini, così che possa divertirsi pure lei in santa pace alle feste
il libro di Pippa Middleton sull’organizzazione dei party (dalla Polverini) a Fiorito
un’intervista di Barbara D’Urso a Bersani
un rimborso spese alle olgettine, adesso che Berlusconi ha trovato la fidanzata
un paio di mutande a Belen
un corso di dizione a Alfonso Luigi Marra
capacità di intendere e volere (senza alieni) a Sara Tommasi
un grafico al PD (magari uno che i fotomontaggi non li faccia con la bacchetta magica di Photoshop)
il libro di Flavia Vento a Grillo
un punto e virgola a Paolo Giordano
stagisti non pagati a Mondadori
un nuovo Moccia (ché il vero è impegnato a Rosello) a Rizzoli e Feltrinelli
una medaglia al valor civile al signor Nokia: lui non lo sa, ma il suo telefono base è subacqueo e ha un protocollo di sicurezza di terza generazione, glielo assicuro io, avendo effettuato personalmente i crash test

Infine, poiché repetita speriamo che iuvant (nonostante il mio accorato appello), auguro a tutte quelle che mi mandano le applicazioni su Facebook di indossare le ballerine in un giorno di diluvio universale in cui mancano solo i liocorni.

Buon Natale!

venerdì 14 dicembre 2012

Decalogo del buon scrittore


I° regola: scrivi bene i numeri ordinali.
Il trattino degli incisi -che piace tanto agli americani- è medio e preceduto e seguito da uno spazio.
Evita di usare dei partitivi.
Tieni al minimo le figure retoriche, specialmente gli abusati anacoluti: io, di mio, li odio.
Mai il maiuscolo di rispetto, Signorino!
Il cliché è tuo nemico, la tua ancora di salvezza dev’essere l’originalità.
Quattro puntini di sospensione li usava solo Gadda.... per tutti gli altri sono tre.
Se metti la s ai plurali inglesi verrai ghettizzato (nel gruppo degli scrittori di vampiri): con tutti questi films che si vedono in televisione, dovresti saperlo.
Perchè lo dicono i milanesi.
E’ (quindi) vietato sbagliare gli accenti, specialmente per le lettere maiuscole.
Il corsivo serve a enfatizzare un concetto.
Rifuggi, ad esempio, le espressioni che un editor ti correggerebbe con per esempio.
Ed infine: mai d eufoniche tra vocali diverse.

lunedì 26 novembre 2012

L’incanto del lotto 49



Amanti delle trame, per il vostro bene: non avvicinatevi all’Incanto del lotto 49. Trame non ne troverete. Intrighi, sì, a palate. Soprattutto irrisolti.
Un filo flebile lega a sé i caotici episodi del romanzo, una (presunta) cospirazione mondiale che coinvolge le trasmissioni postali. E un lotto, il 49, di francobolli, falsi autentici (felice ossimoro) di un’organizzazione antichissima che si oppone ai canali convenzionali della comunicazione.
In embrione i temi cari al geniale David Foster Wallace, che pare si sia ispirato all’Incanto del lotto 49 quando scrisse Infinite Jest: droga, paranoia, ossessione e comunicazione, appunto. Solo che l’allievo supera il maestro, secondo me. La forza e l’intensità dei romanzi di Wallace si deve anche, e inevitabilmente, alla loro lunghezza, che permette all’autore di conferire peculiarità al mondo che descrive e a coloro che ne sono parte. Qui, invece, benché abbiano gli stessi tratti satirici e nei caratteri e nei nomi, i personaggi risultano poco incisivi e di loro si capisce ben poco. Alla ridondanza di informazioni di Wallace si contrappongono in Pynchon figure indolenti prive di passato. Appena accennate.
E questo non mi ha fatto apprezzare il romanzo come forse avrebbe meritato, perché bisogna stare non più di un passo oltre il lettore. Se se ne fanno troppi, quello si stufa.

Infine, una facile chiattiveria. Triste, anzi Trystero, l’errore di Einaudi Stile libero che, invece di copiare la copertina che hanno proposto tutti gli editori da che Gutenberg inventò la stampa, in uno slancio d’ingegno sostituisce il corno postale con una moderna tromba da jazz (ci volevate portare direttamente a New Orleans?!). A dimostrazione che i romanzi toccherebbe leggerli se si vuole pubblicarli.
Per la cronaca, L’incanto del lotto 49 era edito da e/o. Che la copertina l’aveva azzeccata.

A sinistra la copertina sbagliata di Einaudi e a destra quella giusta di e/o

martedì 20 novembre 2012

Cosa fare con meno di due euro invece di darli al PD


Posto che ognuno fa quello che je pare, quindi anche andare a votare alle primarie del PD, trovo assurdo che si elargisca denaro a un partito per decidere chi sarà il candidato premier. Quindi, ecco alcune cose da fare con due euri, prezzo – pare – della costosa preferenza:

  1. Se avete meno di 35 anni, e magari anche una carta straccia su cui c’è scritto che siete laureati cum laude, aprite una Srl, per esempio per un’attività di decoupage o macramè: prima o poi torneranno di moda, se l’hanno fatto le spalline.
  2. Comprate un barattolo di Nutella, mangiatelo fino alla fine e piangete davanti a Dirty Dancing – soprattutto quando «Nessuno può mettere Baby in un angolo». Vi resteranno il bicchiere in mano, Patrick Swayze nel cuore e qualche spicciolo di resto da dare ai poveri.
  3. Fatevi una cultura: in Italia è facile, è tutto gratis. Per esempio, se siete a Roma, andate a vedere il Mosè a San Pietro in Vincoli, i dipinti di Caravaggio a Santa Maria del Popolo, L’estasi di Santa Teresa a Santa Maria della Vittoria e chi più ne ha più ne metta.
  4. Non potete permettervi cinema, feste eccetera, perciò fate finta di essere andati da qualche parte e, a tarda notte, prendete un panino dallo zozzone. Consiglio quello sulla Salaria altezza Settebagni, che c’ha perfino l’attestato dei Nas e un simpatico gruppo di astanti.
  5. Andatevene alle terme di Saturnia: l’acqua bollente vi dilaterà i pori e manderà via tutte le tossine. Non so invece quale sarà l’effetto degli umori delle coppiette in calore vicino a voi. Tutta salute, comunque.
  6. Scrivete un libro: la trama non è importante, basta che ci sia un vampiro.
  7. Comprate una maschera di gomma per una festa del PDL, ché due euro per una tuta di latex di uno dei cinque fantastici del PD non vi bastano.
  8. Si avvicinano le feste. Risparmiate sulla carta da regalo. Rispolverate dal cassetto la vostra laurea cum laude di cui al punto 1 e incartate i doni natalizi: più che a questo non vi servirà.

Oh, i soldi che avemo raccolto così glieli damo lo stesso al PD. Pe’ pagasse un grafico, la prossima volta.

martedì 9 ottobre 2012

Il tempo materiale


In una Palermo che sta vivendo, specchio del paese tutto, anni di forte instabilità politica e culturale, e che vede cadere tante delle certezze sulle quali poggiavano i suoi valori, tre non-ragazzini, che parlano e agiscono come adulti, come adulti applicano e fanno propri princìpi e dogmi su cui qualcun altro ha fondato il proprio credo, al punto da fondare una sorta di cellula terroristica in miniatura a emulazione delle Brigate Rosse. Parlano e agiscono ispirati non tanto dall’ideologia del più grande organo terroristico della nazione quanto dalla volontà di averne una propria. In nome di quest’ideologia costruiscono un mondo nel quale tutto è vòlto a imitare una realtà che non richiede spiegazioni. Scimmiottando i loro capostipiti, i tre inventano un linguaggio segreto fatto di gesti e, in nome di qualcosa che non possono comprendere appieno, arrivano persino a atti estremi.
Il protagonista, accompagnato dai suoi compagni umani – nell’accezione più comunista del termine – e animali – grilli parlanti decadenti e agonizzanti –, cresce al contrario, diventa piccolo dopo essere stato grande.
Spaventosamente bello per il linguaggio usato, Il tempo materiale  è il primo romanzo di Giorgio Vasta. Mi auguro caldamente che ne seguiranno di nuovi.
Un encomio a minimum fax, una delle poche case editrici che riporta l’elenco di coloro che hanno contribuito alla realizzazione del libro.

giovedì 20 settembre 2012

Il Male è dappertutto (cit.)



Gli anelli di Saturno, W.G. Sebald, Adelphi, 2010

venerdì 14 settembre 2012

Infinite Jest

Al liceo il professore di Fisica ci spiegò la multidimensionalità dicendoci di immaginare un foglio con un disegno tridimensionale e ripiegarlo su sé stesso in modo da formare una sfera. È così che immagino Infinite Jest, con una dimensione in ogni storia e una nuova tutto insieme.
Tutto è (e finisce in) uno scherzo, lo scherzo infinito del titolo che fa del romanzo un metaromanzo, così come succede alla sua essenza – il testo – attraverso le note (qui, per ovvie ragioni, non a piè di pagina), parte integrante e non accessoria del testo stesso.
Un romanzo sull’ossessione per l’ossessione, che si ritrova tanto nell’agonismo del tennis o nella dipendenza dagli stupefacenti quanto in quella più grande per l’Intrattenimento. E l’ossessione è anche quella del lettore che, con la rilettura, genera una sorta di moto perpetuo.
Come tanti autori prima di lui, Wallace ha inventato una (quasi) cosmogonia, un mondo dominato dalle multinazionali che possiedono persino il tempo, per antonomasia immateriale, grazie alla sponsorizzazione degli anni.
Traslandolo, questo concetto di mondo dove tutti sono uguali, e ugualmente consumatori, si riflette, nella scrittura, nell’esigenza di ridurre tutto a un acronimo, omologare, uniformare, che trova un antenato nel retaggio culturale che ancora oggi possediamo dei numeri tatuati al braccio degli ebrei. Così, gli Stati Uniti hanno accorpato Messico e Canada in una grande organizzazione, l’Onan, un acronimo per indicare un’entità anonima, senza identità. Ma anche – dall’origine del termine, che viene da onanismo – un paese sterile, che si compiace di sé stesso. In questo senso l’Onan rappresenta il male di una generazione, la nostra, che si sta progressivamente consumando gli occhi, ma soprattutto il cervello, davanti a un teleputer che trasmette quello che vuole, facendoci credere che è quello che vogliamo.
Infinite Jest è un’opera che ha rivoluzionato la scrittura, un’opera in cui lo scherzo è uno spauracchio per la paura e una richiesta d’aiuto (“Il sarcasmo e le battute erano spesso bottiglie all’interno della quali i depressi clinici inviavano i loro messaggi più disperati nella speranza che qualcuno se ne accorgesse e li aiutasse”), forse anche dell’autore stesso, la beffa un gioco di parole per descrivere la realtà e l’ironia letteratura.

giovedì 23 agosto 2012

Fighe Domani

È successo. Dopo la rivoluzione sessuale, dopo la guerra dei Roses, dopo che Jessica Alba ha fatto Flipper e è ancora bella, dopo la reunion delle Spice Girls, nasce Fighe Domani, un movimento consapevole di donne che vogliono diventare fighe e toniche (il manifesto qui). Per uscire fuori dal tunnel.
Figa Domani è chi oggi guarda le trasmissioni sui prodotti dimagranti e piange al before/after.
Figa Domani è chi vorrebbe essere Pretty woman ma somiglia a Ugly Betty.
Figa Domani è chi si sente in colpa e la Nutella la mangia solo con le fette biscottate integrali.

Quindi.
Mai più con: il nero che sfina, il tacco che alza, il reggiseno che sostiene. Nel bidone nero i vestiti premaman anche se te li sei comprati quando non eri incinta.

Perché quando saremo toniche sarà meglio che mangiare l’insalata di Sally di Harry, ti presento Sally.
Perché mai più a pranzo un panino e ora non ci vedo più dalla fame.
Perché entrerà tutto nel bagaglio a mano.
Perché da domani: astenersi perditempo.
Perché il nostro culo sarà un’istigazione a delinquere.
Perché non sarai più l’amica della Figa Oggi che sta col più bello della scuola (tanto al massimo diventa tronista).
Perché noi varremo (cit.).

giovedì 9 agosto 2012

Somiglianze impossibili #2



Giuseppe Cavarretta (dipartimento Terra e Ambiente del CNR) vs Mr Burns

venerdì 27 luglio 2012

Alcune, semplici, regole per gli uomini


  • Giura solennemente di dire la verità, tutta la verità, nient’altro che la verità.
  • Ma: ogni cosa dirai potrà essere usata contro di te.
  • Non sei colpevole fino a prova contraria. Ma la prova la decido io.
  • Non chiederti «petto o coscia?» a meno che tu non sia il Babbo Natale di Quattro salti in padella Findus.
  • Dopo i trenta, io compio trent’anni.
  • Le scarpe che compro sono sempre troppo poche.
  • Nessuno può mettere Baby in un angolo.
  • Il ragazzo non si applica.
  • Credevo che fossi diverso.
  • Se ho il ciclo: «Alza le mani e allontanati molto lentamente.»
  • Puoi guardare tutte le donne a tette al vento che vuoi, purché non mi disturbi mentre prendo il sole.
  • Non sporcare: il gatto non lo fa. E tu sei dotato di braccia e pollice opponibile.
  • Sforzati di ricordare. Le battute dei film non valgono.
  • Ogni mia domanda esige una risposta. Puoi compare una vocale.
  • Se ti chiedo: «Sono grassa?» devi rispondere: «No». Tu invece hai la pancia.
  • Tanto, alla fine, è colpa tua.

lunedì 9 luglio 2012

Elisabeth


È ad Amstetten, nella civile e insospettabile Austria, che si consuma «il più complesso delitto contro l’essere umano»: Elisabeth Fritzl, non ancora maggiorenne, viene segregata dal padre Josef in un bunker antiatomico da lui stesso costruito sotto le fondamenta di casa. Ne uscirà, avvizzita e rassegnata – perché «perfino del dolore ci si dimentica» –, solo dopo ventiquattro anni.
Chiudendo fuori dalla porta il mondo «di sopra» e con esso – per un tempo che sarà sempre – il suo cielo di una «serenità patetica», Elisabeth sarà relegata dal padre-aguzzino in una gabbia, una «voliera perfetta in cui mettere al riparo l’uccellino più fragile», dove le continue violenze le ricacceranno «dentro anche tutte le speranze di non essere toccata». Annientata nel corpo e nell’animo, Elisabeth deciderà di vivere, perché non saprà morire.
È da qui che si muove Sortino che fa, con uno stile misurato ma incisivo, di ogni frase una metafora, di ogni parola immagine. La sua è un’Elisabeth che, in un perenne «stadio di mezzo tra il dileguarsi e l’esserci per forza», si dissolverà nel grigiore della sua prigione «assumendo le sembianze del dolore», che non vorrà ascoltare lo scorrere del tempo, che giocherà con gli elettrodomestici – i suoi unici compagni –, che partorirà sette figli, che vedrà uno di loro morire e che si rassegnerà infine al suo destino: un oggetto che non potrà mai brillare frontalmente, ma mostrare la sua luce solo «nel taglio che lo separa dal mondo».
Con una maturità insolita per un libro d’esordio, l’autore diventa perno di un equilibrio che non pende mai verso l’ovvia descrizione del mostro ma ne racconta la normalità e la, sebbene inimmaginabile, capacità d’amore.
Un romanzo insostenibilmente vero, un viaggio in un umido girone dantesco che diventa realtà, un abisso di carne, umori e cemento.

Da LSC Mag di luglio 2012.

venerdì 6 luglio 2012

Madeleine dorme


Se fosse una maschera, sarebbe Arlecchino. Colorata e sardonica e barocca. Certo è che questo romanzo di Sara Shun-lien Bynum – che ci era sfuggito, a noi italiani… fortuna Transeuropa – è davvero capace di affascinare. Anche me che, dall’alto della mia ingiustificata spocchia, promuovo solo le fatiche di scrittori morti da almeno una trentina d’anni. E invece l’autrice è viva e vegeta. E pure giovane.
Madeleine dorme è un romanzo dai contorni sfocati in cui una compagnia di personaggi improbabili si sussegue in un’atmosfera fiabesca, come fiabesco è il linguaggio sincopato con cui viene raccontata. Una fiaba dark, però, alla Tim Burton, piena di immagini che ricordano un filmino in bianco e nero anni ’20.
Tante le contaminazioni: dal già citato Tim Burton all’Alice che ci hanno visto tutti (tranne me, eccetto che per questo “quasi teatro dell’assurdo”), da Calvino alla Bella Addormentata.
Protagonista: una ragazzina che sogna tutto il tempo. La stessa che, sveglia, picchia il sedere di Monsieur Pujol per il sollazzo di una ricca vedova e che, dormiente, langue indisturbata favorendo le marmellate di pere della madre.
Sogna di Madame Cochon, una grassa signora scientificamente attenta ai propri bisogni a cui spuntano le ali, di Charlotte, che pian piano si trasforma in una viola da gamba, di Adrien, che ha l’arduo compito di cogliere con la fotografia l’espressione dei malati, e dello scemo del villaggio, che diventa per lei un’esplorazione sessuale che trova una punizione che segnerà il resto della sua vita.
Tanti gli attori di questa meravigliosa storia. Personaggi in cui spicca marcato il contrasto: più di tutti quello del compassatamente educato Le Petomane, che però fa le puzze per mestiere. E poi uomini e donne-animali rinchiusi in un luogo in cui sembra essere Madeleine stessa, metaforicamente e fisicamente.
Un romanzo di immagini indistinte ma colorate, dai confini evanescenti che mescolano il racconto del sogno, il sogno stesso e la realtà.
Madeleine dorme rappresenta qualcosa di diverso non perché confonde realtà e fantasia, non perché racconta di personaggi assurdi, non per il modo in cui lo fa, ma perché ci chiede di pensare come non siamo abituati a farlo. Nei confronti della nostra di realtà, di quella di Madeleine, della moralità, della sessualità e persino dell’amore che, per una proprietà quasi transitiva, si trasmette da un uomo all’altro.
Non esito a dire che è il miglior libro di uno scrittore vivente (non dico contemporaneo perché c’è anche Infinite Jest) che abbia letto quest’anno. Racchiude in sé tutto ciò che prediligo in un romanzo: la scrittura ricercata, le situazioni (anche paradossali), ma soprattutto la trama non perfettamente definita (ha un senso per me e uno diverso per un’altra persona) e che è la stessa ragione per cui mi piace più leggere libri che guardare film: perché leggere un libro significa immaginare, mentre in un film qualcuno ha scelto per te, e non sarà mai come quello che tu avresti scelto per te.
Dunque quando il sipario si chiude, alla fine dello spettacolo, ti chiedi se davvero sia stato tutto un sogno. Ma, in definitiva, è così importante?

martedì 3 luglio 2012

ALT+0200, questo sconosciuto





Ikea, senti a me: premi ALT+0200. Per favore, almeno tu fallo. 

mercoledì 20 giugno 2012

Rassicurazioni


Manco m'arrabbierei se fossi in lei (il link è qui).

martedì 12 giugno 2012

Mi piace vincere facile


Inauguro oggi una nuova rubrica, l’itaGliano, dedicata all’(ab)uso della nostra bella lingua scritta.
 

Commentare sarebbe come sparare sulla Croce Rossa.

sabato 9 giugno 2012

Somiglianze impossibili #1




 Che Iddio mi strafulmini anche solo per averlo pensato. Epperò…

mercoledì 6 giugno 2012

Il colosso d’argilla


È un colosso, El Toro Molina. Un colosso, ma d’argilla. Un materiale che può essere plasmato, insomma, quello di cui è fatto il pugile argentino che deve tutto all’immensa mole ma che non sa combattere. Un uomo tanto grosso quanto ingenuo, la cui bontà l’estrania dai giochi di potere e corruzione che lo portano in breve a vincere gli incontri truccati combinati dal suo manager.
Il colosso d’argilla è la storia di Eddie, squattrinato giornalista che vorrebbe scrivere una sceneggiatura sulla boxe che si accontenta di esaltare sui giornali la bravura del Toro, nonostante sia solo la “caricatura di un pugile”.
Ma è anche una storia – incredibilmente – d’onore, quella del Toro e di chi, come lui, gareggia per vivere. In mezzo a corrotti e corruttori, arbitri venduti e pugili comprati, c’è qualcuno di quei miserabili che combatte davvero, dignitosamente. E quella dignità non vuole perderla. E se deve perdere l’incontro, vuole farlo con orgoglio, al punto tale da essere massacrato, prima di cadere, in un bagno di sangue, vero tanto quanto è falso l’incontro stesso.
E infine ci sono le donne: Beth, la fidanzata maldisposta a sopportare un compagno venduto, e Ruby, la moglie del boss che legge romanzi di infima categoria eternamente in pigiama sul lettino prendisole. Accanto a queste Shirley, la consolatrice di pugili dal cuore infranto.

Il colosso d’argilla, ripubblicato dalla romana 66thand2nd, è un romanzo da leggere per tanti motivi. Per la storia, ma anche per la cura, di cui si renderà conto il lettore più attento, con cui il libro in quanto oggetto è stato realizzato, su cui vorrei spendere poche parole: un’ottima traduzione di Giuliano Boraso, non una vedova né un’orfana (grazie alla consulenza di Oblique Studio), carta spessa e bel progetto grafico di Silvana Amato (che ha ideato, tra le altre cose, i volumi della Biblioteca Filosofica Laterza – una delle mie preferite).
Ce lo eravamo scordati, quanto potesse essere bello un libro, da quando i grossi gruppi editoriali e con loro le grosse case editrici ci hanno abituato che è importante solo il nome dell’autore in copertina.

martedì 29 maggio 2012

Ma io boh


Tre domande tre ai peggiori look del Bafta 2012 riportati da Vanity Fair.

 

 

Nell’ordine.

- Ora tu, Olivia Grant, sconosciuta ai più, non puoi indossare a un premio (più o meno) prestigioso un vestito che manco Susanna Camusso alle riunioni sindacali, no?
- Louise Redknapp: sicuramente sei più alta di 1,70 m [quindi, te e quelle come te: crepate] e porti una 36 [soffrendo]. Ti puoi presentare come se stessi andando alla Conad a comprare i bastoncini Findus?
- Emily Watson: fai parte di un’istallazione neorealista, cioè della tappezzeria, sei un appendiabiti o davvero hai indossato quella stola fluo vedo-non vedo (sommando ciò che di peggiore c’è stato negli anni ’90)?

Prendete esempio da Carla di Ma come ti vesti? Almeno lei ci fa credere che davvero esista gente che a casa non si mette il pile.

lunedì 28 maggio 2012

Comunicazione di servizio


“Cattiva” del mio diario sta per “stronza”, non per “ragazza cattiva” nel senso che pensano i maschi arrapati che arrivano a questo mio blog puro e candido. La sessualità più spinta che troverete qui la possono leggere financo i lupetti degli scout (a meno che non si parli di Baricco o degli attori di The vampire diaries).

lunedì 21 maggio 2012

Vedi alla voce: fantasia



martedì 15 maggio 2012

Incontri pre e postprandiali: eataliani a Torino


Che io stia diventando buona. Ma no, impossibile. Eppure non posso parlare male di nessuno degli autori che ho visto a questo Salone Internazionale del Libro (con tutte le maiuscole come le vorrebbero loro). Ci proverò lo stesso.
Cominciamo con Giorgio Faletti. Lo dico: non è che io volessi proprio andarlo a vedere. E però è stato divertente. Sopperendo alle lacune lasciate dalla conduzione pressoché assente (e fastidiosa) di Giovanna Zucconi – che ripeteva come un disco rotto: «Tu che hai avuto successo in tutto quello che hai fatto: vai a San Remo e praticamente lo vinci, fai lo scrittore e vendi milioni di copie… adesso fai anche il pittore…» – ha camminato alla Vito Catozzo, ha raccontato quando l’hanno scambiato per Coelho e ha parlato di sé molto modestamente. Ma soprattutto mi è piaciuto quando ha tirato fuori dallo zainetto il pulisci-macchia (di cui io ignoravo l’esistenza) diventando per sempre la figura alla quale mi ispirerei semmai dovessi scrivere un poema cavalleresco moderno.
Poi. Bellissimo l’incontro con Enrico Terrinoni, che a soli 36 anni ha tradotto Ulisse di Joyce per Newton Compton e che, non solo ci ha illustrato vari esempi del suo lavoro, ma ci ha fatto subito ricredere dopo averci fatto inorridire per aver visto scritto «pò» con l’accento invece dell’apostrofo (imitativo della scrittura scorretta di Molly) – noi siamo come l’Accademia della Crusca in delegazione, quella che non dice «fare lo spelling» bensì «compitare», come vuole il Signore Oscuro.
Due note dolenti. La prima: Ammaniti. Plauso agli organizzatori del salone per la scelta intelligente di metterlo nella sala gialla, ché più piccola di quella c’era il magazzino delle scope. E infatti io e Spocchiagirl non siamo riuscite a entrare, declinando con garbo la possibilità di sventolare il nostro tesserino stampa (mica cazzi) come avrebbero voluto i nostri accompagnatori che avevano fretta di consumare un lauto pasto da Eataly (per questo «eataliani» del titolo, ché altro non mi veniva).
La seconda: Saviano. Avrei voluto tanto vederlo (così come la Littizzetto), ma l’incontro è stato tenuto nel più stretto riserbo.
E poi c’è stato lui. Lui: colui che viene cinto d’assedio dagli umori femminili al solo apparire, manco qualcuno avesse pronunciato: «Donne, è arrivato l’arrotino!». Colui a cui tutto si può perdonare, anche Seta, dopo aver scritto quel capolavoro che è Oceano mare. Colui che, oltre al fascino, ha sfoderato una serie di considerazioni sui segni di interpunzione e gli emoticon tali da conquistare tutto il cucuzzaro e me, tua per sempre, Alessandro. Ti bacio in bocca (se solo potessi).
Per il racconto completo rivolgetevi a Spocchiagirl. Voglio di più di questa lista. Mi aspetto un post dal titolo: «Ti odio :)», nel quale – spero – non potrai fare a meno di citare Paolo Giordano e il punto e virgola, questo sconosciuto.

venerdì 11 maggio 2012

Un #SalTo di qualità


Accompagnate dai nostri fidi compagni, che vengono con noi per una ragione molto più prosaica della nostra (leggasi: magna’ a Eataly), io e Spocchiagirl siamo quasi pronte per andare a questo salone del libro di Torino.
Molte avventure ci attendono.
Sprazzi di, rispettivamente, cattiveria e spocchia per tutti.
Tremate. Le streghe son tornate.

domenica 6 maggio 2012

Mr Gwyn


Partivo male perché oramai, come dice Spocchiagirl, Baricco scrive esercizi di stile, non più libri. (Certo, uno così potrebbe compilare pure la lista degli ingredienti della crema idratante e non te ne accorgeresti nemmeno, che si tratta di una crema idratante). Ed effettivamente, di primo acchito, Mr Gwyn (Feltrinelli) sembra essere costruito attorno a diverse frasi a effetto: «…se devo dimenticarti mi ricorderò di farlo, ma non chiedermi poi di dimenticare che me ne sono ricordato», p. 36; «ma solo stava nel suo stare», p. 74; «era un’eternità minuscola», p. 81; «avrebbe voluto un mondo senza numeri, e una vita senza ripetizioni», p. 108.
Eppure la storia c’è, c’è l’idea – uno scrittore che decide di non scrivere più (il che mi sa di vagamente autobiografico), ma si dedica a un’altra, e sorprendente (sempre nel suo stile), attività. Quello che c’è di più, ovviamente, oltre allo stile, che ho già detto, è quest’atmosfera ovattata e magica che pervade non solo il romanzo, ma anche i personaggi, di cui il più riuscito è, secondo me, il vecchietto che costruisce lampadine.
Siamo lontani, lontanissimi, dai tempi di Oceano mare, ma alcune cose ti fanno capire che Baricco è un grande autore. Personalmente la mia, in questo libro, è stata questa: «…aveva un fisico incerto, come riflesso in un cucchiaio» (p. 109).
Detto questo, mi piace la copertina e la carta con cui è stata realizzata. Meno il prezzo – 14 euri – che soddisfa solo in parte le aspettative, soprattutto perché il libro si legge nel tempo di uno starnuto, ma vale la pena solo per le prime pagine della seconda metà.
Però odio – decisamente odio – le lineette per i dialoghi all’Einaudi.

mercoledì 2 maggio 2012

Il mondo a rotoli 2

Oltre a quando vedi Ferrara al posto di Biagi, capisci che il mondo va a rotoli quando vedi che la gente arriVANO sul tuo blog cercando il video sexy della pòra Hermione di Harry Potter.

sabato 21 aprile 2012

Sondaggio

E insomma esce il nuovo numero di LSC Mag (che potete trovare nelle migliori – leggasi: quelle di cui conosciamo i proprietari – librerie di Roma e del Lazio).
E insomma mi hanno chiesto una foto, ché quella della volta scorsa nemmeno sotto tortura riproporrei.
E insomma mi devo fare una foto simpatica che faccia capire agli utenti che quello che scrivo per la meravigliosa e imperdibile rubrica Mente Cattiva non ha lo stesso tono del resto della rivista, sennò col cavolo che uscirebbe un altro numero.
Io pensavo a una parodia di Arancia meccanica o magari qualcosa con una mela – rossa, ovviamente (in bocca come il maialino?).
Avete qualche altra brillante idea? Magari qualcuna che non preveda una mise che voglia che io rimanga single per sempre (come le ballerine).
Valutatela anche alla luce del fatto che Antonio Banderas è il nuovo testimonial Mulino Bianco. Ma ricordatevi che la telecamera ingrassa.

domenica 8 aprile 2012

Perdona loro perché hanno peccato


Sì, sì, vabbe’, buona Pasqua. Ma parliamo di cose serie. Come al solito il problema maggiore di questo periodo sono le scarpe: troppo caldo per gli stivali, troppo freddo per i sandali. E non dite ballerine – con le quali camminare è simpatico come le emorroidi al primo appuntamento – che, si sa, vorrebbero che tu rimanessi sola per sempre (perdona loro che le indossano perché hanno peccato).
Insomma, io che sono alta come un nano da giardino devo rimediare agli errori della natura e, laddove quella non arriva, arriva il tacco, meglio se 12, ché io quel mezzo tacco da suora laica, proprio no, no grazie.
E nemmeno il mocasso da studente di Fisica, eh.
Se cercate su Google “scarpe di mezza stagione”, le prime che vi appariranno sono queste:

Ma io rispondo a gran voce No, nemmeno se dovessi andare scalza su un tappeto di chiodi e vetro.
Quindi per favore, per favore aiutatemi, voglio sopravvivere a questo:





venerdì 23 marzo 2012

Una velata metafora


Dopo aver aspettato più di un’ora e mezza alla stazione Tiburtina perché il treno che dovevo prendere è stato soppresso e anche quello dopo e anche quello dopo e anche quello dopo ecc., in una velata metafora, Ferrovie dello Stato, vi dico vaffanculo, una parola che ben riassume lo stato d’animo di noi pendolari.
Quindi. A parte che “attenzione non attraversate i binari” non è vero essendo i binari il posto più sicuro al mondo, per fare il paio con quello che già vi ho detto la volta scorsa, spero che l’unica volta in cui vi capiterà di rimorchiare la più grossa figa della vostra vita lei voglia fare sesso estremo in macchina e voi abbiate la Smart. E, per par condicio, spero che nella stessa situazione ma con uno che al confronto George Clooney sembra quello dei Fichi d’India abbiate il ciclo o, peggio, non vi siate depilate.

sabato 10 marzo 2012

Tutte le ragazze lo sanno

Chi l’ha detto che una commedia (romantica, in questo caso) non possa avere la stessa dignità di un qualsiasi altro romanzo? Tutte le ragazze lo sanno, appena ripubblicato da Elliot, ne è la prova. Basti ricordare il caso simile di Zia Mame, dato alle stampe un paio d’anni fa nientemeno che da Adelphi.
È la storia di una buffa ragazza, discendente di Cenerentola e antenata delle protagoniste di Sex and the City – ma senza sex –, che dalla provincia di Wilkes-Barre, “il posto ideale dove pregare, vivere, lavorare”, arriva a New York in cerca di lavoro. Ne trova subito uno per via di quella sua incredibile capacità di indossare bene i golfini della ditta (“è un talento che si ha o non si ha”), così come trova uno stuolo di corteggiatori pronti a offrirle i loro servigi, tutte le ragazze (di oggi) sanno in cambio di cosa. Ed è infatti il primo ad adescarla con l’invito di un fine settimana a casa dei suoi zii. Naturalmente – si sa – “il passo successivo non può essere altro che un anello di fidanzamento”. Ma, quando, preparandosi al viaggio dopo aver “1) optato per il tailleur grigio e il vestito di velluto nero; 2) disfatto il primo bagaglio sostituendolo con il secondo; 3) chiesto una giacca di pelle rossa in prestito a Terri”, vede davanti a sé la casa vuota degli zii ricchi del suo pretendente, capisce l’inganno e, sdegnata e sotto la pioggia, prende la via di casa.
Interessata alle statistiche, che ricorda sempre male, democratica perché “stringe la mano alla gente con le unghie sporche”, sviluppa una R.M. (ricerca di mercato) tutta sua che si può ben riassumere considerando il fidanzamento di suo cugino:
Quando Tad l’aveva vista per la prima volta, innamorandosi immediatamente di lei, puzzava di Vicks Vaporub. […] La R.M. aveva ancora una volta dimostrato di raggiungere il suo scopo, dal momento che Terri si era servita di una variazione pubblicitaria del complesso di Edipo per influenzare l’inconscio di Tad.
Una commedia vivace che riesce a strappare sempre un sorriso, insegnandoci, innanzi tutto, “che il vero amore è cieco a tutto. Tranne che ai chili di troppo”. Gli uomini diranno di no. Ma tutte le ragazze lo sanno che non è vero.

giovedì 16 febbraio 2012

Tristezza, per favore va’ via

E torna, puntuale come il ciclo – ma fortunatamente meno spesso –, il festival di Sanremo ad allietare le nostre altrimenti pallide notti.
Sprazzi di cattiveria per tutti… non sulla musica, ci mancherebbe altro.
Noemi. Capelli Vanna Marchi, vestita da Jem, compreso l’orecchino a stella, ma senza le Hologram.
Francesco Renga. Facciamo ancora finta che sia quello dei Timoria.
Figlia di Zucchero. Ha sbagliato occasione (doveva sparare a softair), ma ha mascherato cercando di lanciare un nuovo look alla Palla di Lardo di Full Metal Jacket. Tesoro, non credo che attecchirà.
Lucio Dalla. Abbandonata la mise nostromo Tanto Tenero Che Si Taglia Con Un Grissino ora scrive canzoni su temi d’avanguardia: uno che si innamora di una prostituta.
Samuele Bersani. Bello de mamma, ma hai fregato il completo a Willy Wonka?
Giordana “La Sconosciuta” Angi. Fortuna che a Sanremo non ci stanno i tori.
Belen/Canalis. Teniamocene solo una. Propongo l’Elisabetta, sempre per quel discorso sui culi italiani. E poi è dall’edizione scorsa che non tocca carboidrati.
Adriano Celentano. Anche meno.
Ivanca. Con parole tue.

lunedì 6 febbraio 2012

Care Ferrovie

Ora. Io capisco di abitare in un posto dimenticato da tempo da Dio e dalla civiltà. Una landa desolata la cui stazione, perennemente umida e nebbiosa, è collegata direttamente al Polo Nord attraverso una distorsione spazio-temporale (io ti credo John Titor!). Ma ancora non capisco, dacché è stata inventata la locomotiva a vapore, perché i treni non possano viaggiare regolarmente se c’è neve.
Poi le Ferrovie dello Stato sono previdenti, eh: giovedì sera, poiché nevicava a Torino, a Roma hanno attuato il piano neve. Che non consiste, però, nel regolare transito dei convogli con ghiaccio e intemperie, bensì nella soppressione degli stessi. A sorpresa.
Per questo io vi auguro:
Che vi si rompano i termosifoni d’inverno e i condizionatori d’estate.
Che qualcuno vi strappi i peli del naso e del culo con una pinzetta da sopracciglia.
Che vi cominciate a divertire un po’ come noi senza posto fisso.
Che nel quadrato di mare dove vi farete il bagno al sopraggiungere della bella stagione ci sia una spropositata concentrazione di meduse.
Che dobbiate usufruire dei bagni delle stazioni quando avete la diarrea.
Ma soprattutto, col cuore, che possiate dovervi servire sempre dei vostri treni per arrivare puntuali.

lunedì 30 gennaio 2012

Anche la ruota quadrata gira

Dopo la chiusura di Megavideo e Megaupload, la notizia più inquietante del palinsesto televisivo – non potendo più io guardare Real Time, scomparso in un’altra sconosciuta linea temporale – riguarda il Fantabosco.
In seguito agli innumerevoli rimpiazzi che si sono susseguiti negli anni, è scomparso ora anche re Quercia. Principe Giglio (la cui capigliatura ricci-stoppacciosi batte di gran lunga quella piastrata) e consorte sono diventati rispettivamente re e regina. Solo che adesso il nome di principessa Odessa non fa più rima.
Ricordo ancora Tonio Cartonio. Una carriera onorevole di ben sei stagioni per essere poi sostituito da un più giovane Milo Cotogno che, coi suoi occhi acuti e penetranti, conquistò subito Fata Lina.
Non valsero a nulla le sostanze psicotrope che ingerì per amore della fiction.
Ma, accipigna, la ruota gira anche se è quadrata, cari amici, e, sebbene qualche potente l’avesse silurato per le sue palesi tendenze omosessuali, Tonio Cartonio è stato reclamato a gran voce dal suo pubblico. Oggi, con orgoglio, viene annunciata la sua reintegrazione a pieno titolo nel cast.
Forza Tonio!

domenica 29 gennaio 2012

Senza parole

sabato 28 gennaio 2012

Cosmo Pavone dove sei?

Cosmo Pavone, Cosmo Pavone dove sei? Qualcuno di voi l’ha visto?
E te credo che non l’ha visto nessuno, co’ ’sto freddo.

Ma, in questa triste e polare giornata, a beneficio di molte donne, svelerò quella che senza dubbio alcuno si è rivelata la più grande scoperta dall’invenzione della borsa dell’acqua calda: le calze-infiniti-denari recentemente distribuite al grande pubblico da Pompea.
Spiego meglio: morbido pile all’interno, microfibra 100% all’esterno per nascondere quella che, sì, certamente è la tomba della sensualità, non solo perché ti fa sembrare un palombaro con le gambe da calciatore, ma che incontrovertibilmente si rivela un’arma efficiente contro il gelo che d’inverno entra tra te e i jeans (la spiegazione fisica del fenomeno è oggetto di studio da molto tempo presso numerosi istituti di ricerca con cui, con ogni probabilità, gli stessi verranno candidati all’IgNobel).
Nel frattempo, a parte Voglia Di Uscire Saltame Addosso, tante soddisfazioni:
- Ho orgogliosamente superato pagina 371 di Infinite Jest.
- Faccio immense ricerche che spero possano portare da qualche parte.
- Ho comprato il Kindle, che non uso mai perché preferisco il libro (gli ingeneri, si sa, sono contrari a qualunque passo avanti della tecnologia).
Per il resto, i pupi stanno bene, grazie.

domenica 22 gennaio 2012

Vedi alla voce: amore

Vedi alla voce: amore racconta un presente che scopre e poi rammenta una storia passata, il cui sbiadito ricordo riaffiora oggi – spesso – solo sui banchi di scuola, per non scordare l’orrore di ciò che «l’uomo ha fatto all’uomo». Racconta di luoghi dove, come diceva Primo Levi in Se questo è un uomo, «non c’è perché», dove una massa d’individui, curva e grigia, dice “domani mattina”, perché “mai” non esiste. Racconta dell’Olocausto, in un susseguirsi di eventi comici e drammatici, senza quasi nominarlo.
Ed è un racconto a più di una voce, questo bel romanzo di David Grossman. La prima è quella sgrammaticata di un bambino a cui viene affidato il compito di scoprire il senso dell’eccidio, che si insinua artatamente nella sua coscienza. Un bambino che, attraverso un ingenuo flusso di coscienza, conduce esperimenti per risvegliare la “belva nazista”, riproducendo in piccolo ciò che in grande verrà fatto ad altre vite, stavolta umane. Che è terrorizzato al solo pronunciare il nome di “Quel Paese Lì”.
Quel bambino vivrà nella spasmodica ricerca di qualcosa che non gli consentirà di godere appieno della sua esistenza: diventerà dunque un uomo “sempre in guerra”, a cui diranno «Non dire: vedi alla voce: Amore, Shlomik! Ma ama!». Così, le sue vicende si intrecceranno, prima, con la grottesca trasformazione in pesce di Bruno Shulz, di cui cercherà un libro forse mai scritto e, poi, con quelle di suo nonno, ebreo immortale in un lager nazista che racconterà al suo aguzzino le storie dei Ragazzi di Cuore. A uno di essi sarà dedicata l’“enciclopedia” finale.
Diversi tempi, diversi stili narrativi in un unico impianto dove anche gli elementi prendono voce. Un romanzo che parla, con un tono inconsueto, di qualcosa di cui è necessario parlare per non dimenticare.
 
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