Se fosse una maschera, sarebbe Arlecchino. Colorata e
sardonica e barocca. Certo è che questo romanzo di Sara Shun-lien Bynum – che
ci era sfuggito, a noi italiani… fortuna Transeuropa – è davvero capace di
affascinare. Anche me che, dall’alto della mia ingiustificata spocchia,
promuovo solo le fatiche di scrittori morti da almeno una trentina d’anni. E
invece l’autrice è viva e vegeta. E pure giovane.
Madeleine dorme è un romanzo dai contorni sfocati
in cui una compagnia di personaggi improbabili si sussegue in un’atmosfera
fiabesca, come fiabesco è il linguaggio sincopato con cui viene raccontata. Una
fiaba dark, però, alla Tim Burton, piena di immagini che ricordano un filmino in
bianco e nero anni ’20.
Tante le contaminazioni: dal già citato Tim Burton
all’Alice che ci hanno visto tutti (tranne me, eccetto che per questo “quasi
teatro dell’assurdo”), da Calvino alla Bella Addormentata.
Protagonista: una ragazzina che sogna tutto il tempo. La
stessa che, sveglia, picchia il sedere di Monsieur Pujol per il sollazzo di una
ricca vedova e che, dormiente, langue indisturbata favorendo le marmellate di
pere della madre.
Sogna di Madame Cochon, una grassa signora
scientificamente attenta ai propri bisogni a cui spuntano le ali, di Charlotte,
che pian piano si trasforma in una viola da gamba, di Adrien, che ha l’arduo
compito di cogliere con la fotografia l’espressione dei malati, e dello scemo
del villaggio, che diventa per lei un’esplorazione sessuale che trova una
punizione che segnerà il resto della sua vita.
Tanti gli attori di questa meravigliosa storia. Personaggi
in cui spicca marcato il contrasto: più di tutti quello del compassatamente
educato Le Petomane, che però fa le puzze per mestiere. E poi uomini e
donne-animali rinchiusi in un luogo in cui sembra essere Madeleine stessa,
metaforicamente e fisicamente.
Un romanzo di immagini indistinte ma colorate, dai confini
evanescenti che mescolano il racconto del sogno, il sogno stesso e la realtà.
Madeleine dorme rappresenta qualcosa di diverso non
perché confonde realtà e fantasia, non perché racconta di personaggi assurdi, non
per il modo in cui lo fa, ma perché ci chiede di pensare come non siamo
abituati a farlo. Nei confronti della nostra di realtà, di quella di Madeleine,
della moralità, della sessualità e persino dell’amore che, per una proprietà
quasi transitiva, si trasmette da un uomo all’altro.
Non esito a dire che è il miglior libro di uno scrittore
vivente (non dico contemporaneo perché c’è anche Infinite Jest) che abbia letto quest’anno. Racchiude in sé tutto ciò
che prediligo in un romanzo: la scrittura ricercata, le situazioni (anche
paradossali), ma soprattutto la trama non perfettamente definita (ha un senso
per me e uno diverso per un’altra persona) e che è la stessa ragione per cui mi
piace più leggere libri che guardare film: perché leggere un libro significa
immaginare, mentre in un film qualcuno ha scelto per te, e non sarà mai come
quello che tu avresti scelto per te.
Dunque quando il sipario si chiude, alla fine dello
spettacolo, ti chiedi se davvero sia stato tutto un sogno. Ma, in definitiva, è
così importante?
1 commenti:
Mi hai convinto, lo metto in wishlist!
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