venerdì 6 luglio 2012

Madeleine dorme


Se fosse una maschera, sarebbe Arlecchino. Colorata e sardonica e barocca. Certo è che questo romanzo di Sara Shun-lien Bynum – che ci era sfuggito, a noi italiani… fortuna Transeuropa – è davvero capace di affascinare. Anche me che, dall’alto della mia ingiustificata spocchia, promuovo solo le fatiche di scrittori morti da almeno una trentina d’anni. E invece l’autrice è viva e vegeta. E pure giovane.
Madeleine dorme è un romanzo dai contorni sfocati in cui una compagnia di personaggi improbabili si sussegue in un’atmosfera fiabesca, come fiabesco è il linguaggio sincopato con cui viene raccontata. Una fiaba dark, però, alla Tim Burton, piena di immagini che ricordano un filmino in bianco e nero anni ’20.
Tante le contaminazioni: dal già citato Tim Burton all’Alice che ci hanno visto tutti (tranne me, eccetto che per questo “quasi teatro dell’assurdo”), da Calvino alla Bella Addormentata.
Protagonista: una ragazzina che sogna tutto il tempo. La stessa che, sveglia, picchia il sedere di Monsieur Pujol per il sollazzo di una ricca vedova e che, dormiente, langue indisturbata favorendo le marmellate di pere della madre.
Sogna di Madame Cochon, una grassa signora scientificamente attenta ai propri bisogni a cui spuntano le ali, di Charlotte, che pian piano si trasforma in una viola da gamba, di Adrien, che ha l’arduo compito di cogliere con la fotografia l’espressione dei malati, e dello scemo del villaggio, che diventa per lei un’esplorazione sessuale che trova una punizione che segnerà il resto della sua vita.
Tanti gli attori di questa meravigliosa storia. Personaggi in cui spicca marcato il contrasto: più di tutti quello del compassatamente educato Le Petomane, che però fa le puzze per mestiere. E poi uomini e donne-animali rinchiusi in un luogo in cui sembra essere Madeleine stessa, metaforicamente e fisicamente.
Un romanzo di immagini indistinte ma colorate, dai confini evanescenti che mescolano il racconto del sogno, il sogno stesso e la realtà.
Madeleine dorme rappresenta qualcosa di diverso non perché confonde realtà e fantasia, non perché racconta di personaggi assurdi, non per il modo in cui lo fa, ma perché ci chiede di pensare come non siamo abituati a farlo. Nei confronti della nostra di realtà, di quella di Madeleine, della moralità, della sessualità e persino dell’amore che, per una proprietà quasi transitiva, si trasmette da un uomo all’altro.
Non esito a dire che è il miglior libro di uno scrittore vivente (non dico contemporaneo perché c’è anche Infinite Jest) che abbia letto quest’anno. Racchiude in sé tutto ciò che prediligo in un romanzo: la scrittura ricercata, le situazioni (anche paradossali), ma soprattutto la trama non perfettamente definita (ha un senso per me e uno diverso per un’altra persona) e che è la stessa ragione per cui mi piace più leggere libri che guardare film: perché leggere un libro significa immaginare, mentre in un film qualcuno ha scelto per te, e non sarà mai come quello che tu avresti scelto per te.
Dunque quando il sipario si chiude, alla fine dello spettacolo, ti chiedi se davvero sia stato tutto un sogno. Ma, in definitiva, è così importante?

1 commenti:

G1 ha detto...

Mi hai convinto, lo metto in wishlist!

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