Che insomma c’è questo film che stavo in Puglia e l’ho visto, una bella
sera d’estate, al cinema all’aperto, e si chiama La vita in comune, ma io tutto
il film ho pensato, saranno state tutte quelle friselle tutte quelle cazzatedde
tutte quelle pucce, che si chiamasse La vita che vorrei e gli ho attribuito un
significato che forse non aveva, col sindaco che faceva il sindaco ma poi
quando stava alle assemblee comunali si metteva a pensare alla poesia e infatti
poi per hobby insegnava letteratura ai carcerati che poi alla fine uno s’appassionava
e diventava poeta, e sarà che a me mi succede che faccio la stessa cosa, e cioè
oramai mi sono laureata in ingegneria e progetto impianti fotovoltaici, e non è
così male, però non me ne frega più che tanto, e fosse per me manderei
affanculo tutto e penserei pure io solo alla letteratura, magari non a
insegnarla ai carcerati ché mica siamo in un film e quelli me sputano se je
parlo de letteratura, figuriamoci la mia, però così a pensare alla letteratura
tutto il giorno, cioè, sarebbe bello come una sera d’estate mentre guardi un
bel film di cui non hai capito il titolo, anche se poi la vita era in comune
forse perché era del sindaco e degli assessori, oppure magari era in comune perché
il sindaco faceva diventare poeta il carcerato e questo influenzava la vita di
tutti, che poi il fratello, mentre quello stava in carcere, voleva fare le
rapine, ma poi lui capisce che la poesia gli serviva a esorcizzare il marcio
che c’era stato finora nella sua vita e cercava di insegnarlo al fratello, ma
quello voleva fare le rapine lo stesso e allora il fratello poeta scrive col
sindaco al papa e questo lo chiama dicendo che doveva preservare la bellezza
del creato, così lui preserva la bellezza del creato senza fare rapine, il
fratello poeta preserva la bellezza del creato scrivendo poesie e il sindaco
finalmente si tuffa pensando alla letteratura, ché, vabbe’, il film si chiama
diverso, ma alla fine secondo me La vita che vorrei ci stava bene, come titolo.
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