Cara A.,
dicono che l’amore
è eterno, e sarà anche vero, ma l’amore ai tempi del colera solo per Márquez,
per il resto non posso giudicare, non ho vissuto abbastanza a lungo, so solo
che non credo a chi si strappa i capelli dicendo che ti amerà per sempre e poi
non passa manco un anno, col tuo cadavere ancora caldo di bara, e è bastata la
prima che passava, ma davvero la prima, e tu non te lo meritavi, specialmente
per i capelli. Non credo a chi dice di essere innamorato di una donna e poi
passano due anni, nemmeno, e l’altra è già incinta di suo figlio e c’hanno già
provato, dice, ma tanto che ci si doveva aspettare da una bugia?, quella c’ha
le gambe più corte di me, e chi mente mente sempre piuttosto bene come quando
il lavoro lo fa fare agli altri e poi firma col suo nome per prendersi tutti gli
onori senza gli oneri e soprattutto guadagna un posto pubblico senza meritarlo
perché niente concorsi-solo stabilizzazioni è il motto dell’incompetenza,
specie degli enti di ricerca. Non credo a chi dice che non lascerà mai sua
moglie e poi veramente non lo fa, perché era solo una frase per mettere le mani
avanti, ma mi fa schifo lo stesso, avanti e no, di quello schifo che non devi
mai, mai, permettergli di avvicinarsi a te, perché t’avvelena il cuore, e
quello poi s’incazza e non funziona più, com’è successo a te, che però sei
schiattata in corpo, come direbbe Ludovica, e gli hai fatto
inquinarti l’anima per troppo tempo, troppi anni, e forse avrei fatto anch’io
una brutta fine come te, ma mi sono fermata in tempo, forse, ché non è ancora
detto ma ci provo lo stesso, e ero parecchio stanca e potevo offrirti solo la
stanchezza, ma adesso che sono ancora stanca ma più incazzata che stanca ti
offro non l’incazzatura ché quella me la tengo ma un po’ ancora di vita.
A., guarda che dicono
che se ne vanno sempre i migliori ma è una cazzata, come quando dicono che i
migliori fanno successo, non è vero, proprio no, perché c’era quel mio compagno
di liceo che facevamo l’India e lui disse che in India c’era il Gange, ma non
come si dice che è poi come si scrive, lo chiamò Ganj, con la sg, e adesso c’ha
attico e superattico in un noto quartiere di Roma, dunque che se ne vanno
sempre i migliori non è vero, è solo perché sono morti, e i morti, i vivi e i
morti, sono di tutti i generi, però i vivi morti come in Joyce direi che sono
parecchi, anche se non se ne accorgono e allora io e te direi che siamo vive.
Io, per esempio, ci provo a diffondere il verbo di Infinite Jest, ma mi sa che
non mi sta riuscendo granché, e ci provo anche a scrivere, e adesso mi
pubblicano pure un libro, però è tutto confuso coi personaggi che non si
capiscono, narratore a volte onnisciente a volte no, la cronologia non esatta,
poesie, teoremi, e un sacco, un sacco di libri, e il mio editore dice che
diranno che è spocchioso, ma, sai, avrebbero ragione a dire ch’è spocchioso,
ché quello è una mia creatura come un figlio, però a differenza di un figlio,
che com’è è e va bene lo stesso, questo io l’ho deciso veramente, e doveva
essere così, con tutta quella boria manco troppo nascosta tra le righe, ch’è
troppo grassa per nasconderla, anche se le righe sfinano e chissà se ci
riescono, però credo che ci sia un tempo per leggere alcune cose e scriverne
altre, per esempio io, oh, Memorie di Adriano c’ho provato ma non ci sono
riuscita, dunque lo attribuisco a me, non certo alla Yourcenar, però in questo
caso il mio, di romanzo, è così perché doveva essere così esagerato, così pieno
perché poi io volevo dire tutto tutto, quel tutto, e non sapevo se ce la
facevo.