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venerdì 19 marzo 2010

Pathfinder, la leggenda del guerriero vichingo

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Volete passare due orette buone senza pensare? Ma DAVVERO senza pensare? Vedetevi Pathfinder, la leggenda del guerriero vichingo… e vabbe’, io l’ho visto, ma, a mia discolpa, dico soltanto che non ci avrei nemmeno pensato se non fosse stato per Ciro! E comunque ce semo fatti du’ risate! 
Avventura? Parliamone. Inizia con no stuolo de vichinghi brutti e zozzi che sbarcano in nord America, prima de Colombo… ve pare?! E già l’inizio è promettente. Perché poi i vichinghi avrebbero dovuto depreda’ dei poveracci non se sa. Combattono con gli indiani locali e se sterminano a vicenda: l’unico sopravvissuto è un giovane vichingo che verrà cresciuto dai nativi stessi per poi naturalmente diventare il loro salvatore… una sorta de Balla coi lupi dei poracci. Ma perché gli americani non riescono a accettare che un eroe possa non essere alto, biondo e bello? 
Questo, però, è uno tosto davvero che, un po’ Rambo un po’ Conan, nel freddo polare sta a torso nudo vestito semplicemente de uno straccetto de pelle de foca. E come l’hanno chiamato? Ghost. Ghost?! Ma che scherziamo?! È comunque un personaggio estremamente misterioso perché per tutto il film te chiedi come fa a mantene’ sempre la stessa espressione. Che peraltro è uguale a quella de’ n’orso marsicano in letargo. 
Tra improbabili combattimenti e una sceneggiatura approssimativa, scopiazzata (e peggiorata) qua e là, si dipana una trama fastidiosa e al limite dell’idiozia dotata di un happy  end tra il bel tenebroso e la Pocahontas di turno. Mancano proprio le basi. 
Un film di una banalità assurda: niente nomi, niente dialoghi (a che servirebbero, del resto?) condito da alcune delle scene più imbarazzanti che io abbia mai visto: voglio citare, a monito per chiunque abbia la malsana voglia di vederlo, la parte in cui i vichinghi inseguono il protagonista su slitte che non se sa da dove provengano e lui che, in una coraggiosa risposta, scivola temerario tra i ghiacci con uno scudo. Che tristezza.
Alla fine del film, pe’ quanto stai intontonito, te chiedi: «Ma l’ho visto veramente o so’ stato risucchiato in un buco spazio-temporale?» 
Filmetto de serie B? Come B?! Io direi… che ce sta dopo la Z?

Scusa ma ti chiamo ammòre

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No, no, io non l’ho visto e non lo vedrò mai, ma lha fatto mia sorella. Poverina, non criticatela, voleva solo farsi due risate! E, spinta dalla malinconia che l’ha pervasa dopo la visione, mi ha confidato, a capo chino per la vergogna, la traumatica esperienza di aver visto per la prima volta un film di Moccia. Allora ho cercato i commenti degli utenti di Internet che ho rimescolato un po’ per descrivervi questo capolavoro del neorealismo cinematografico. Ho deciso di intitolarlo Scusate ma la chiamo CAGATA, come qualcuno suggerisce.
Qualcun altro ha voluto invece fare una dedica a cotanto spettacolo:

Per me si va ne la città dolente,
per me si va ne letterno dolore,
per me si va tra la perduta gente.
[…]
Lasciate ogne speranza, voi chintrate.

Troppo nobile? Decisamente sì, allora cominciamo con gli insulti.  
Dopo gli oltraggiosi Tre metri sopra il cielo e Ho voglia di te, Moccia sforna l’ennesimo insulto alla cultura, ma questa volta non gli è bastato scrivere il libro, ha voluto farne pure il film!
Indegno, lo splendore di quella gran Mocciola di un Federico, il regista/scrittore che ha ingoiato da bimbo tutti i libri delle collane Harmony e Lyala. Sorpassa ogni limite della tolleranza, un insulto allintelligenza umana, che inizia con una trama inconsistente per proseguire con le scandalose interpretazioni degli attori che sono incapaci e più antipatici delle pustole, la regia è più piatta di un tappeto, la storia è una ca**ata immane ed è di un’imbecillità disarmante. Meglio un clistere di acido solforico e chiodi!
I nomi? Perfettamente in stile Moccia: dopo Pollo, Pallina, Babi e Step, arrivano Niki e Alex, i due protagonisti della storia, lui 37enne e lei con ben vent’anni anni di meno. Insomma: un film immondo che tra l’altro sembra istigare alla pedofilia.
Lei è bella, vabbe’, ma ha ingoiato l’elio? Sembra un citofono, quando parla. Recita peggio della Bellucci... non credevo fosse possibile. Ma dove l’hanno presa?
In più, cè questa patetica filosofia da Bacio Perugina che viene pure resa esplicita da quelle sconfortanti frasi che Moccia spara in sovrimpressione.
Dopo una storia tormentata, soprattutto per chi la vede, tutto finisce bene: Niki ha una famiglia straordinaria che asseconda le sue storie di sesso senza battere ciglio e diventa pure una fotomodella, tutte le amiche trovano l’ammòre vero e Niki e Alex vanno a fare picci picci pucci pucci sul faro… nessuno si chiede come camperanno.
Un film geniale il cui contenuto principale è che forse il linguaggio T9 è l’unico che Moccia sa scrivere. Pessimismo e fastidio.
Faccio i complimenti a chi è riuscito a portare a termine la visione perché è assolutamente imbarazzante. Non me la sento di commentarlo oltre... già la vergogna per averlo visto è tanta. Scusate, non lo farò mai più. Ma almeno non c’era Scamarcio…
 
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