venerdì 14 settembre 2012

Infinite Jest

Al liceo il professore di Fisica ci spiegò la multidimensionalità dicendoci di immaginare un foglio con un disegno tridimensionale e ripiegarlo su sé stesso in modo da formare una sfera. È così che immagino Infinite Jest, con una dimensione in ogni storia e una nuova tutto insieme.
Tutto è (e finisce in) uno scherzo, lo scherzo infinito del titolo che fa del romanzo un metaromanzo, così come succede alla sua essenza – il testo – attraverso le note (qui, per ovvie ragioni, non a piè di pagina), parte integrante e non accessoria del testo stesso.
Un romanzo sull’ossessione per l’ossessione, che si ritrova tanto nell’agonismo del tennis o nella dipendenza dagli stupefacenti quanto in quella più grande per l’Intrattenimento. E l’ossessione è anche quella del lettore che, con la rilettura, genera una sorta di moto perpetuo.
Come tanti autori prima di lui, Wallace ha inventato una (quasi) cosmogonia, un mondo dominato dalle multinazionali che possiedono persino il tempo, per antonomasia immateriale, grazie alla sponsorizzazione degli anni.
Traslandolo, questo concetto di mondo dove tutti sono uguali, e ugualmente consumatori, si riflette, nella scrittura, nell’esigenza di ridurre tutto a un acronimo, omologare, uniformare, che trova un antenato nel retaggio culturale che ancora oggi possediamo dei numeri tatuati al braccio degli ebrei. Così, gli Stati Uniti hanno accorpato Messico e Canada in una grande organizzazione, l’Onan, un acronimo per indicare un’entità anonima, senza identità. Ma anche – dall’origine del termine, che viene da onanismo – un paese sterile, che si compiace di sé stesso. In questo senso l’Onan rappresenta il male di una generazione, la nostra, che si sta progressivamente consumando gli occhi, ma soprattutto il cervello, davanti a un teleputer che trasmette quello che vuole, facendoci credere che è quello che vogliamo.
Infinite Jest è un’opera che ha rivoluzionato la scrittura, un’opera in cui lo scherzo è uno spauracchio per la paura e una richiesta d’aiuto (“Il sarcasmo e le battute erano spesso bottiglie all’interno della quali i depressi clinici inviavano i loro messaggi più disperati nella speranza che qualcuno se ne accorgesse e li aiutasse”), forse anche dell’autore stesso, la beffa un gioco di parole per descrivere la realtà e l’ironia letteratura.

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Infinite Jest non è un romanzo facile da leggere, non solo per il numero di pagine e le note che di per sè potrebbero costituire un altro libro ma perchè non fa sconti, e crudo e crudele.. Mi ha fatto piangere rabbrividire ma anche sorridere e gioire..lo puoi odiare o amare ma certamente non ti lascerà indifferente. A chi vuol iniziare questo romanzo posso solo consigliare: "Keep quiet and finish Infinite Jest!"

Exluso ha detto...

Mhmm sento del pericolo...

Anonimo ha detto...

http://i.imgur.com/mmakrWW.jpg

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