mercoledì 14 luglio 2010

Il catino di zinco

1-1, palla al centro per la Mazzantini, di cui avevo letto solo il tanto osannato Non ti muovere, che di Premio Strega c’ha, per me, tanto quanto le orecchie di Carlo d’Inghilterra c’hanno di quelle di un elefante… cioè, sì, sono grosse, ma insomma… Invece questo “catino di zinco” non mi è per niente dispiaciuto.
Alcuni elementi degni di nota.
Prima cosa: il titolo, evocativo, oltre che delle abitudini della protagonista, anche di una delle tante condizioni alle quali malvolentieri è costretta una donna.
Seconda: il linguaggio. Solenne e semplice, in equilibrio. A tratti grottesco, a volte anche scurrile. E poi un uso quasi spregiudicato delle parole che richiamano la quotidianità, spesso inventate, il che mi ha particolarmente stupito.
I personaggi, inoltre, non vengono presentati coi loro nomi, ma pressoché connotati solo da aggettivi, con cui compaiono per tutto il libro, quasi senza essere nominati, come del resto accade anche per la protagonista.
Non è sentimentale, anzi la crudeltà di chi è costretto ad accudire un malato, come in questo caso deve fare la nipote con la nonna, non viene edulcorata, ma descritta senza inutili giri di parole.
Infine, alcuni passaggi raccontati con un bel monologo interiore, diverso nello stile da quelli più conosciuti.
Dovrò forse ricredermi sulla scrittrice-attrice?

1 commenti:

"The real" Fabrizio ha detto...

A me è piacito tanto "Venuto al mondo", molto più bello di "Non ti muovere".
Il "catino" non l'ho letto e non credo che potrò farlo prima di un paio di mesi, ma mi hai incuriosito.

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