Caro
Babbo Natale,
ti spiego un attimo la situazione qui da noi
ché devo fare qualche pensierino.
Cominciamo con una notizia che arriva da
oltreoceano. Il nostro Lapo Elkann, a New York per molestare qualche trans
nell’esercizio delle sue funzioni, finisce le banconote che arrotolava per tirare
il talco dell’allegria di Pollon. E che fa? Invece di farsi ricaricare la
PostePay, pensa bene di simulare un rapimento per riscuotere il riscatto.
Nel frattempo in Italia c’era un importante
referendum. Si trattava di rispondere a un quesito, posto in maniera chiara e
veritiera, su piccoli cambiamenti alla nostra Costituzione. Niente di
complesso, una cosa a crocette. Pare che abbia vinto il no, ma secondo me hanno
contato male, per via delle matite cancellabili.
Ci siamo impegnati tanto, noi italiani, ma,
si sa, allo scritto non rendiamo. Andiamo meglio all’orale, guarda tu Madonna e
come si sarebbe prodigata a favore degli elettori di Hillary. La quale,
d’altronde, qualcosa di tradizioni orali alla Casa Bianca la sa.
Per questa storia del referendum, il nostro
presidente del Consiglio, dopo mille intensi giorni, si è dimesso. È tornato,
solo e emarginato dal gruppo come Melanie C, al suo paese, a arrostire sul fuoco
marshmallows.
Ma tutt’a posto al Governo, eh, ché è
rimasto il tarocco cinese del precedente. Dunque, invece di mandare gli
incapaci a intrecciare cesti di rafia o raccogliere lavanda per confezionare profumini
da armadio, sono restati gli esponenti migliori. Soprattutto le quote rosa.
Prima, per crearti un’onorata carriera da
ministro, dovevi avere all’attivo un paio di calendari nuda o al più dire
qualche stronzata su un tunnel immaginario da Ginevra al Gran Sasso. Oggi no.
Oggi serve di più.
E non parlo della laurea, come la Cepu di Valeria
Fedeli. Bisogna inventarsi qualcosa di diverso.
Per questo la Boschi si è impegnata in un
conflitto di interessi con Banca Etruria. E noi ce la teniamo, perché nessuno
può mettere Baby in un angolo.
La Lorenzin, invece, ha optato per una roba
che ha chiamato Fertility Day, una campagna pubblicitaria alla stregua del
Ventennio fascista inneggiante alla fertilità.
A noi over 35 senza figli, però, non è
piaciuta. Ci siamo sentite un po’ piccate, ché colle prospettive che abbiamo
oggi, al massimo possiamo aspirare al posto rosa al parcheggio di Ikea.
Insomma tutti a prendere per l’orecchio la
ministra. Ma lei non c’entrava. Lei, quella locandina, non l’aveva mica
approvata così. Alla domanda a piacere, invece di avvalersi della facoltà di
non rispondere o, al più, consultare Yahoo Answers, ha mostrato a tutti le
prove della sua innocenza. Sbiadite.
Qui a Roma pure un disastro: la nostra
sindaca Raggi prima non riusciva a fare una giunta, e poi, una volta fatta, i
componenti si sono dimessi così velocemente manco qualcuno avesse fatto una
puzzetta.
Infine c’è stata l’assegnazione del Nobel
per la letteratura, che per la prima volta nella storia è andato a un cantautore
del calibro di Dylan. Però, la sera della premiazione, Bob ha mandato Patti
Smith al posto suo perché lui doveva vedere una retrospettiva di Truffaut. In latino.
All’Accademia di Svezia aspettano ancora Godot.
Dunque, caro Babbo, dovresti portare:
Un orgasmo simulato a Lapo Elkann.
Una matita indelebile a Piero Pelù.
Un burro cacao superidratante a Madonna,
anche se sfortunatamente ha vinto Trump.
Mille giorni
di te e di me, interpretata da Bob Dylan, a
Renzi.
Una stanza piena di correntisti di Banca
Etruria alla Boschi.
Una tinta per capelli, color Adinolfi, alla Fedeli.
Un grafico sottopagato alla Lorenzin.
Una scenografia per selfie a Virginia Raggi.
E infine, un altro prestigioso premio a Dylan. È
trapelata qualche indiscrezione: la Pro Loco di Montopoli di Sabina gli
consegnerà l’Olivo D’Oro. Bella, Bob, ce vedemo in piazza, ’n te ’nventa’ scuse!