sabato 25 agosto 2018

I vivi e i morti


Cara A.,
dicono che l’amore è eterno, e sarà anche vero, ma l’amore ai tempi del colera solo per Márquez, per il resto non posso giudicare, non ho vissuto abbastanza a lungo, so solo che non credo a chi si strappa i capelli dicendo che ti amerà per sempre e poi non passa manco un anno, col tuo cadavere ancora caldo di bara, e è bastata la prima che passava, ma davvero la prima, e tu non te lo meritavi, specialmente per i capelli. Non credo a chi dice di essere innamorato di una donna e poi passano due anni, nemmeno, e l’altra è già incinta di suo figlio e c’hanno già provato, dice, ma tanto che ci si doveva aspettare da una bugia?, quella c’ha le gambe più corte di me, e chi mente mente sempre piuttosto bene come quando il lavoro lo fa fare agli altri e poi firma col suo nome per prendersi tutti gli onori senza gli oneri e soprattutto guadagna un posto pubblico senza meritarlo perché niente concorsi-solo stabilizzazioni è il motto dell’incompetenza, specie degli enti di ricerca. Non credo a chi dice che non lascerà mai sua moglie e poi veramente non lo fa, perché era solo una frase per mettere le mani avanti, ma mi fa schifo lo stesso, avanti e no, di quello schifo che non devi mai, mai, permettergli di avvicinarsi a te, perché t’avvelena il cuore, e quello poi s’incazza e non funziona più, com’è successo a te, che però sei schiattata in corpo, come direbbe Ludovica, e gli hai fatto inquinarti l’anima per troppo tempo, troppi anni, e forse avrei fatto anch’io una brutta fine come te, ma mi sono fermata in tempo, forse, ché non è ancora detto ma ci provo lo stesso, e ero parecchio stanca e potevo offrirti solo la stanchezza, ma adesso che sono ancora stanca ma più incazzata che stanca ti offro non l’incazzatura ché quella me la tengo ma un po’ ancora di vita.
A., guarda che dicono che se ne vanno sempre i migliori ma è una cazzata, come quando dicono che i migliori fanno successo, non è vero, proprio no, perché c’era quel mio compagno di liceo che facevamo l’India e lui disse che in India c’era il Gange, ma non come si dice che è poi come si scrive, lo chiamò Ganj, con la sg, e adesso c’ha attico e superattico in un noto quartiere di Roma, dunque che se ne vanno sempre i migliori non è vero, è solo perché sono morti, e i morti, i vivi e i morti, sono di tutti i generi, però i vivi morti come in Joyce direi che sono parecchi, anche se non se ne accorgono e allora io e te direi che siamo vive. Io, per esempio, ci provo a diffondere il verbo di Infinite Jest, ma mi sa che non mi sta riuscendo granché, e ci provo anche a scrivere, e adesso mi pubblicano pure un libro, però è tutto confuso coi personaggi che non si capiscono, narratore a volte onnisciente a volte no, la cronologia non esatta, poesie, teoremi, e un sacco, un sacco di libri, e il mio editore dice che diranno che è spocchioso, ma, sai, avrebbero ragione a dire ch’è spocchioso, ché quello è una mia creatura come un figlio, però a differenza di un figlio, che com’è è e va bene lo stesso, questo io l’ho deciso veramente, e doveva essere così, con tutta quella boria manco troppo nascosta tra le righe, ch’è troppo grassa per nasconderla, anche se le righe sfinano e chissà se ci riescono, però credo che ci sia un tempo per leggere alcune cose e scriverne altre, per esempio io, oh, Memorie di Adriano c’ho provato ma non ci sono riuscita, dunque lo attribuisco a me, non certo alla Yourcenar, però in questo caso il mio, di romanzo, è così perché doveva essere così esagerato, così pieno perché poi io volevo dire tutto tutto, quel tutto, e non sapevo se ce la facevo.

venerdì 24 agosto 2018

La vita che vorrei


Che insomma c’è questo film che stavo in Puglia e l’ho visto, una bella sera d’estate, al cinema all’aperto, e si chiama La vita in comune, ma io tutto il film ho pensato, saranno state tutte quelle friselle tutte quelle cazzatedde tutte quelle pucce, che si chiamasse La vita che vorrei e gli ho attribuito un significato che forse non aveva, col sindaco che faceva il sindaco ma poi quando stava alle assemblee comunali si metteva a pensare alla poesia e infatti poi per hobby insegnava letteratura ai carcerati che poi alla fine uno s’appassionava e diventava poeta, e sarà che a me mi succede che faccio la stessa cosa, e cioè oramai mi sono laureata in ingegneria e progetto impianti fotovoltaici, e non è così male, però non me ne frega più che tanto, e fosse per me manderei affanculo tutto e penserei pure io solo alla letteratura, magari non a insegnarla ai carcerati ché mica siamo in un film e quelli me sputano se je parlo de letteratura, figuriamoci la mia, però così a pensare alla letteratura tutto il giorno, cioè, sarebbe bello come una sera d’estate mentre guardi un bel film di cui non hai capito il titolo, anche se poi la vita era in comune forse perché era del sindaco e degli assessori, oppure magari era in comune perché il sindaco faceva diventare poeta il carcerato e questo influenzava la vita di tutti, che poi il fratello, mentre quello stava in carcere, voleva fare le rapine, ma poi lui capisce che la poesia gli serviva a esorcizzare il marcio che c’era stato finora nella sua vita e cercava di insegnarlo al fratello, ma quello voleva fare le rapine lo stesso e allora il fratello poeta scrive col sindaco al papa e questo lo chiama dicendo che doveva preservare la bellezza del creato, così lui preserva la bellezza del creato senza fare rapine, il fratello poeta preserva la bellezza del creato scrivendo poesie e il sindaco finalmente si tuffa pensando alla letteratura, ché, vabbe’, il film si chiama diverso, ma alla fine secondo me La vita che vorrei ci stava bene, come titolo.

sabato 18 agosto 2018

Somiglianze impossibili #3



Arrivo con soli tre anni di ritardo (Scialpi/re Thranduil):














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